81 Dojo è probabilmente il più grande punto di incontro virtuale degli shogisti di tutto il mondo. Ma a cosa si deve il suo strano nome? E cosa ha a che fare col bushido? Scopriamolo insieme.

81 Dojo è una piattaforma di gioco ideata e realizzata dallo shogista e divulgatore Tomohide Kawasaki (in arte Hidetchisu YouTube potrete ritrovare molti video didattici dedicati allo shogi) che offre la possibilità di allenarsi, organizzare campionati di vario livello, testare e certificare il proprio Kyu/Dan o semplicemente giocare e confrontarsi con giocatori di tutto il globo.

“81Dojo” si pronuncia “hachi-jū-ichi dojo”, e deve il suo nome ad un proverbio giapponese, vale a dire

“Ichika bachika”

[か八か]

che tradotto in italiano suonerebbe alla lettera come “8 o 1”.

Ma cosa significa, allora “8 o 1”? Sembra che tale espressione, che alle nostre orecchie suona come molto strana, derivi da un modo di dire relativo ad un antico gioco di carte giapponese, in cui la vittoria era garantita dal conseguire 8 punti, mentre la perdita era segnata dallo “sballare” restando con un punteggio minimo di 1.

Dobbiamo peraltro notare come i kanji del numerale “1” (一) e del numerale “8” (八) somigliano rispettivamente a un bastone dritto e uno spezzato e, secondo alcuni, questa specifica sequenza di numerali letta in un certo verso sarebbe associata all’idea di abbondanza, mentre letta nel senso opposto indicherebbe privazione: se da “一” si ottiene “八”, si ha una moltiplicazione: dall’uno derivo i molti. Mentre quando da “八” si ottiene “一”, si ha un impoverimento.

Quindi una traduzione italiana non letterale dell’espressione “か八か” suonerebbe come:  “Tutto o niente”, “O la va o la spacca”. Insomma, 81 Dojo è il dojo senza mezze misure.

Poniamoci allora un’altra domanda: perché 81 Dojo verrebbe così qualificato? Non certo per via della spietatezza ludica dei giocatori che lo frequentano, ma eminentemente perché è lo stesso gioco a cui 81 Dojo è dedicato che risulta senza mezze misure.

Il grande scacchista Garri Kasparov una volta ha sostenuto che

Il pubblico deve capire che gli scacchi sono uno sport violento! La posta in gioco è molto alta in una partita di scacchi importante.

G. Kasparov
Il campione di scacchi Kasparov mentre gioca una partita amatoriale a Shogi

Ebbene, se ciò è vero in relazione agli scacchi occidentali, lo è ancor più in relazione agli scacchi giapponesi. Per sottolineare questo aspetto dello shogi, consideriamo il modo in cui nello Shogi vengono codificati normativamente due importanti temi: la patta e lo scacco/scacco matto.

A differenza degli scacchi occidentali, nello Shogi non è previsto quel particolare gentleman agreement che è l’offerta della patta. È certamente vero che le statistiche desunte dagli annali delle partite ufficiali mostrano che solo il 2% delle partite di Shogi terminano in patta. Tuttavia l’individuazione della patta non dipende da un accordo tra giocatori ma da una specifica successione di stati di gioco, vale a dire dalla violazione della regola “sennichite” (千日手):

se una posizione viene ripetuta quattro volte di seguito durante il gioco, senza tuttavia comportare scacco, il gioco termina in patta.

In casi come questi, i giocatori professionisti dunque sospendono la partita, ma dato che la patta non è un risultato accettabile nello Shogi, gli stessi ne iniziano un’altra a parti invertite. È necessario che vi sia un vincitore:nell’estetica dello Shogi una partita terminata in patta risulterebbe incompiuta e mancante, e sarebbe un’intollerabile lacuna nell’armonia metafisica che lo Shogi evoca.

Un ulteriore aspetto che evidenzia come lo Shogi sia un gioco senza mezze misure è la tacita regola per cui non si avverte il giocatore avversario di uno scacco subito: deve essere sempre l’avversario a ravvisare di essere in scacco e, nei casi in cui ciò malauguratamente sfuggisse, vi sarebbe una immediata sconfitta per 反則手 (mossa illegale).

Per quanto spietata e brutale possa apparire ai nostri occhi, resta il fatto che al fondo di questa tradizione riluce un tratto notevole della cultura e della pratica shogistica, ossia la lealtà con cui occorre affrontare l’avversario e il saper riconoscere onorevolmente la propria sconfitta, aspetti che lo Shogi esalta ereditandoli direttamente dal Bushido, il codice d’onore dei guerrieri.

Naturalmente queste rigide regole tradizionali si applicano solo negli incontri tra professionisti e nei tornei amatoriali in cui si ha di mira la riproduzione integrale dell’estetica del gioco dello Shogi. Da questo punto di vista segnaliamo che solo 81 Dojo permette sconfitte per mossa illegale, a differenza della altre piattaforme di gioco online di cui abbiamo parlato in quest’altro articolo.

Suggerimenti bibliografici, filmografici e sitografici

  • Nitobe Inaso, Bushido. L’anima del Giappone, Linadau Edizioni.
  • Yamamoto Tsunetomo, Hagakure. Il libro segreto dei samurai, Mondadori
  • Eiji Yoshikawa, Musashi, Luni editrice.
  • Musashi, Il libro dei cinque anelli, Feltrinelli.
  • Akira Kurosawa, I sette samurai (七人の侍 Shichinin no samurai), 1954.
  • Modi di dire giapponesi: vedi qui e qui